Anche in Abruzzo, come nel resto d’Italia, le cronache giornalistiche sono monopolizzate da annunci allarmistici di invasioni di cinghiali, di coltivazioni devastate, addirittura di famiglie barricate in casa ecc…
Quando però si vanno a verificare queste “notizie”, si scopre che la realtà dei fatti non è esattamente come viene narrata e che spesso ci troviamo di fronte ad articoli allarmistici, con conseguente paura nella popolazione per un’infondata persuasione che il cinghiale sia una specie aggressiva. Vedi QUI
Il vantaggio di questi articoli è tutto per i cacciatori di cinghiali,dei politici a loro supporto e di chi guadagna con la vendita della carne dei selvatici.
Analizzando il “terrorismo mediatico” su questa presunta emergenza, si scopre che tutta la polemica ha avuto inizio dal varo del nuovo Piano Faunistico Venatorio Regionale dell’Abruzzo, il quale, guarda caso, prevede la completa eradicazione della specie cinghiale in un’ampia fascia del territorio regionale che comprende tutta l’area collinare e costiera abruzzese.
Non paghi i cacciatori e gli agricoltori non informati sui metodi ecologici davvero efficaci, avanzano la richiesta di aprire la caccia al cinghiale anche dentro i Parchi Nazionali e Regionali abruzzesi, con la falsa motivazione che le aree protette rappresentino un rifugio sicuro per gli ungulati; uguale richiesta da cittadini mal informati che temono incidenti stradali con la fauna selvatica.
Da un attenta analisi però scopriamo che queste aree inglobano anche le attività antropiche e industriali, non possono quindi essere bacino di proliferazione dei cinghiali. Inoltre,verificando i dati proprio del PFVR abruzzese scopriamo che la maggior parte degli incidenti stradali che hanno visto il coinvolgimento di cinghiali sono concentrati nell’area Sud-Est abruzzese, ovvero nell’ATC Vastese, dove però solo l’1% del territorio è vietato alla caccia!
Privo quindi di fondamento scientifico l’affermazione che le aree protette significhino più cinghiali, mentre invece i dati, avvalorati da studi scientifici , dimostrano come la proliferazione della popolazione del cinghiale, la sua mobilità e quindi anche l’aumento dei danni causati all’agricoltura e degli incidenti stradali, si concentrano proprio laddove la caccia è aperta e dove si praticano le braccate al cinghiale. QUI maggiori info e ricerche scientifiche
Riportiamo qui i risultati che emergono dall’analisi dei dati sugli incidenti stradali che hanno coinvolto cinghiali, forniti dalla stessa Regione Abruzzo e dagli ATC e che sono stati resi pubblici in occasione dell’incontro pubblico “Emergenza cinghiali: dentro e fuori delle aree protette”, tenutosi Giovedì 20 Febbraio a Vasto.
In quell’incontro, i grafici hanno dimostrato che nell’arco di 4 anni il picco degli incidenti stradali si è sempre registrato durante i mesi di apertura della stagione venatoria.
Un altro grafico ha dimostrato come il maggior numero degli incidenti stradali si è verificato nel territorio del Comune di Vasto, dove maggiori sono gli abbattimenti di cinghiali e con la minore superficie di aree protette dell’intero ATC.
Un altro grafico molto importante, mostrato nel corso dell’incontro di Vasto, ha comprovato che, in base ai dati ufficiali della ASL e del servizio veterinario, la probabilità di avere incidenti con cinghiali è esponenzialmente più alta proprio nei mesi in cui è aperta la caccia.
I Comuni dove è più alta la probabilità di avere incidenti con cinghiali sono Vasto, Ortona, Casalbordino e San Vito Chietino, tutti comuni situati lungo la fascia costiera dove il PFVR ha previsto l’eradicazione della specie. Questi dati e grafici stanno a dimostrare, inequivocabilmente, come l’aumento della popolazione del cinghiale non dipenda affatto dalla presenza di aree protette dove questi animali trovano rifugio, come chi ha l’interesse nel loro abbattimento vuol far credere. E troppo spesso chi fa articoli allarmistici tace sul business che ruota intorno alla macellazione e alla vendita dei cinghiali uccisi, di chi non ha interesse a rimanere senza la “materia prima” e a vantaggio di chi il problema lo ha determinato, ovvero proprio dagli ATC, dalle associazioni venatorie.
La soluzione al problema della proliferazione e diffusione dei cinghiali non è quindi nella caccia, altrimenti la specie sarebbe da tempo estinta, vista l’accanita persecuzione che da almeno 50 anni viene fatta a questa specie e ai suoi predatori naturali come il lupo. La soluzione ai problemi di coesistenza e dei danni ai coltivi è nell’utilizzo dei metodi ecologici, tra l’altro già prioritariamente previsti dalla Legge Nazionale 157/92. Inoltre, per evitare incidenti stradali nell’utilizzo di dispositivi ottici, acustici ed olfattivi di ultima generazione, che tengano lontani non solo dai dai terreni, ma anche dalle strade i cinghiali e gli altri ungulati, come i caprioli. Esistono già appositi progetti, finanziati dalla Unione Europea, come il Progetto LIFE Strade, che hanno dato ottimi risultati nelle Regioni dove sono stati sperimentati, come le Marche, l’Umbria e la Toscana. Vedi QUI