La PSA (Peste Suina Africana) è una malattia che spaventa tutti gli allevatori europei di suini per il danno economico che può derivare da una sua possibile epidemia. È una malattia virale, non trasmissibile agli esseri umani, contagiosa e spesso letale, che colpisce suini e cinghiali.
Cinghiali e suini sono della stessa specie: il cinghiale è l’ancestrale progenitore del nostro suino commerciale, di conseguenza, i patogeni dei suini sono trasmissibili al cinghiale e viceversa.
La trasmissione avviene fra animali per contatto diretto, da suino malato a sano, tramite vomito, diarrea, zecche dei suini infetti.
Da varie ricerche si è appurato che il contagio avviene all’interno dell’allevamento dall’introduzione di nuovi suini non sufficientemente controllati, durante il trasporto da allevamento ad allevamento se non si rispettano misure di igiene e biosicurezza.
[Immagine di GianMaria De Mia, Centro Referenza Nazionale Peste Suina IZS-UM Perugia in figura: il contagio è domestico. Gli animali stabulati non hanno contatto con i selvatici, la trasmissione è intra-allevamento. ]
Nei documenti della EFSA e del Ministero della salute sono riportati casi di infezione dovuta a importazione di suini malati provenienti da paesi dell’est dove le misure di biosicurezza non sono state rispettate. Questa modalità di diffusione, definita appunto “fattore umano” è stata all’origine di casi nella Repubblica Ceca, in Ungheria e, presumibilmente, dei casi in Belgio.
Se i suini negli allevamenti non vengono a contatto con maiali importati e infetti, se si evita il contatto con selvatici ove i maiali sono detenuti allo stato brado o semi-brado, e, se si adottano misure igieniche negli allevamenti, l’epidemia si “spegne”.
L’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) lo scrive in chiaro: “la circolazione di animali infetti, i prodotti a base di carne di maiale contaminata e lo smaltimento illegale di carcasse sono le modalità più rilevanti di diffusione della malattia”.
Sistematicamente negli articoli di Stampa, leggiamo richieste di ulteriori abbattimenti di cinghiali da parte di allevatori, cacciatori specializzati nella caccia al cinghiale e politici filo-venatori, con il pretesto di una fantomatica prevenzione di diffusione di epidemia.
Si chiede cioè l’uccisione dei selvatici a prescindere, nell’eventualità che questi siano ammalati di PSA.
Varie ricerche scientifiche tra le quali anche dell’EFSA, ente di sicuro non animalista, riportano che la caccia non è uno strumento efficace per ridurre le dimensioni della popolazione di cinghiali selvatici in Europa e i cacciatori possono fungere da vettori meccanici del virus, con il trasporto di carni infette degli animali cacciati e le loro prassi di eviscerazione.
I cacciatori possono diffondere in maniera incontrollata il virus della PSA e degli altri agenti patogeni degli animali cacciati.
Tanto che, sempre nelle raccomandazioni per fermare la diffusione PSA, leggiamo:
“Misure drastiche come il divieto totale di caccia in alcune zone potrebbe essere imposto per frenare
Per sconfiggere la PSA serve utilizzare misure di prevenzione quali monitoraggio, igiene/biosicurezza, una corretta gestione dei rifiuti di origine animale e controllare le importazioni e i maiali all’entrata negli allevamenti. Chi strumentalizza questa malattia per chiedere più caccia, imputa colpe a una vittima, il cinghiale, non a chi la diffonde.
E, per chi alleva all’aperto, per evitare l’infezione e il contatto con animali selvatici è sufficiente seguire buone pratiche di igiene e recintare gli allevati, senza dimenticare che finora non sono stati rilevati casi di cinghiali italiani infetti, se non in Sardegna dove vengono a contatto con suini allevati allo stato brado, semi-brado. Infezione ora sotto controllo.
Qui un video realizzato dall’EFSA
Il video è rivolto ai servizi veterinari, a tutte le categorie potenzialmente interessate e alle Associazioni venatorie, dove si evince che le braccate e i cacciatori possono veicolare le malattie dei selvatici, quando ci sono.
Nel portale del Ministero della Salute viene ribadito che i cinghiali selvatici possono rappresentare uno dei mezzi di diffusione del virus qualora dovessero entrare in contatto con allevamenti che non rispettano le norme di biosicurezza.
Riassumendo, è vero che i cinghiali, se infettati, si possono ammalare di PSA, ma possono veicolare la malattia agli animali allevati solo se e quando vengono a contatto diretto con questi e tutto ciò può accadere solo con maiali allevati allo stato brado o semi-brado lasciati senza adeguata recinzione. E infine, non può accadere negli allevamenti intensivi, chiusi a doppia mandata, tanto diffusi nelle nostre Regioni.